Sono giovani ed inesperte le mani che setacciano i desideri. In quello spicchio di buio, Anna e Matteo si sono ritrovati vittime dei loro batticuori e dei loro capelli scompigliati. Finalmente così vicini, avvolti e fragili. E quel freddo pilastro su cui si appoggia Matteo, stasera sostiene loro, il solaio ed il mondo intero.
E la schiena si adagia con fiducia sul petto di lui. Anna sente il calore della linea del suo collo. Le braccia di lui, romantiche ed intense, la rivendicano. E lei non sa bene come comportarsi, né cosa fare con quel corpo che non è più solo il suo. Ma è così bello sentirsi ingenui e smarriti.
– Ti ricordi quella volta in cui Paolo aveva spinto Aron sul cesto dei Lego?
– Sì, ricordo quante gliene ho date. Gli rompeva sempre le palle – eccolo il piccolo Matteo che fa di nuovo slalom tra i banchi.
– La maestra Angelina era disperata. Non sapeva più cosa fare con te.
– Sono allergico alle ingiustizie. Tutto qui.
– Questo lo so. E cosa è giusto per te?
Matteo con un lieve colpo di testa, sposta il ciuffo bruno che stuzzicava l’angolo esterno del suo sguardo. Profumo di limone e zucchero.
– Ti risponderò, ma prima dimmi cosa è giusto per te.
– Beh, diverse cose. Per esempio tenere in ordine il cassetto delle calze. Cercare di non far deprimere troppo i nostri genitori. E amare quello che si è, perchè non abbiamo scelta.
– Bella risposta. E se qualcuno ora amasse te, almeno come tu ami te stessa?
Sorriso.
– Credo che non sarebbe mica tanto male… Adesso tocca a te.
L’aria era fresca di Natale e calda di confidenze.
– È giusto che noi due adesso siamo qui. E che io ti dica che mi piaci.
Così lui le è scivolato nella pelle. Ora le sue dita leggere già incise dalle note e dalla dedizione alla chitarra, disegnano una linea curva sulla guancia rosea e fredda di lei. La sua bocca, che ora non sa pronunciare le parole “Ti amo”, può provare però a tradurle in un bacio. Il primo, quello che non ti chiede il permesso, ma arriva quando vuole lui.
Carolina sa quando esserci e quando allontanarsi. Ora sa che è il momento in cui deve lasciare sola l’amica. O meglio, sola con lui. Così, quando un’ora fa Matteo si era avvicinato ad Anna per salutarla e le aveva dato un convenzionale bacio sulla guancia, le aveva anche sussurrato all’orecchio qualcosa e da quel momento in poi quei due sono spariti, per sbocciare assieme nel buio. In quel magico istante, Carolina ha abbracciato Anna con uno sguardo di convincente approvazione. Poi se n’è andata a fare una passeggiata dissimulatrice, con una birra in mano ed un pensiero nella testa. Sempre lo stesso.
Fuori dal magazzino, solo l’ovattato battito cardiaco degli amplificatori, il buio della notte ed il bianco della neve oramai dimenticata da tutti.
Il muretto solitario che circonda il magazzino si rivela per l’età che ha e per la trascuratezza che trasuda. Ma per un momento di silenzio, andrà più che bene.
– La tua amica ti ha abbandonata in autostrada?
È la voce del belloccio della V B che appoggia il suo bel sedere sul terzo gradino di una casupola che un tempo doveva essere un piccolo deposito degli attrezzi. Tra lui e Carolina, solo tre o quattro metri di potenziale imbarazzo.
Per contrasto naturale, Carolina si scopre armata di un’ostentata sicurezza. Anna l’aveva aggiornata su quel tipo, quindi parte affilata al contrattacco.
– Dunque sei solito rivolgere la parola agli sconosciuti, pur di essere considerato?
– Non hai risposto alla domanda.
– Forse perché mi ricordi quei vecchi pazzi che si incontrano alla stazione dei treni. Quelli che di solito il mondo ignora volentieri.
– Quindi ti ha abbandonata.
– Mi pare di capire che ti piace chi ti risponde male.
Filippo, respira, sereno e rilassato. E sembra particolarmente interessato a quella nuvola di capelli ricci e ramati.
– E la tua amichetta della III? Anche lei ti ha abbandonato in tangenziale?
Filippo d’un tratto sgorga in una bella risata che sale nel cielo in una nuvola di vapore.
– Che spirito di osservazione! La tua serata deve essere stata particolarmente eccitante!
– Lo era, prima di incontrarti in questa inutile conversazione.
Carolina è un genio. È sempre stata spigliata nei rapporti umani, ma oggi ha davvero superato se stessa. Ha capito esattamente come deve trattare questo tipo, troppo abituato a facili vittorie estetiche e verbali. Sente però che può tenerlo ancora un po’ in sospeso ed uscirne da super donna.
– Adesso devo andare. Attento a non congelarti i glutei, le ragazzine di terza ci resterebbero troppo male.
– Sei gentile a preoccuparti per me. A questo punto dirmi come ti chiami sarebbe una cortesia. Dopo tutte queste premure nei miei confronti… intendo.
Per un attimo, Carolina ha esitato. Ma solo per un attimo.
– Mi chiamo Carolina. Addio!
– Io sono Filippo. Grazie per non essere stata banale.
– Anche tu non sei male. Peccato che sei pazzo.
Ed ecco che quando c’è di mezzo il cuore, anche il vecchio cortile di un magazzino diventa un luogo interessante.
Immagine: Pixabay
0 Comments