Riassunto della puntata precedente: Acquistare un libro di seconda mano, trovarci sopra un nome e un numero di telefono. Avere una discreta dose di incoscienza e scrivere un messaggio.
Ora, l’esordio.
Non è mica cosa da poco. Anzi, nei casi come il mio, è tutto. One shot, one kill.
Poverino, non so nemmeno chi sia e già studio come farlo fuori.
Decido di agganciarmi all’unica cosa che so di lui, ovvero la frase sulla ridimensionata ambizione di Dio nei confronti del mondo. Scrivo.
– Il mio progetto ambizioso di oggi era leggermi un libro sul molo. Ma sulla terza pagina di “Lolita” ci ho trovato il tuo numero di telefono e ho deciso di scriverti questo messaggio 😀 Spero tu non sia un maniaco e non pensi che io sia una strana. Non credo di avere altro da aggiungere.
INVIO.
Lo so, sono un disastro, troppa verità fin da subito. Ma credo che in un caso così fuori dalla norma, non abbia senso mentire. Né a lui, né a me. Così “mi invio”, con queste parole lineari e chiare. Nella mia foto profilo tocco con un dito, un ulivo secolare in Umbria. È una foto di un paio di mesi fa, mi piaceva perché sembravo una pin-up senza up. Praticamente un codice numerico da decifrare.
Una cosa è vera però. Quando mandi un messaggio di questo tipo, ipotechi il tuo immediato futuro nell’attesa di una risposta fragorosa. L’ho scoperto il secondo dopo aver premuto il triangolino di invio. Ora me ne vado da questo molo, non riesco a stare ferma. Il tempo farà il resto.
CHE DISASTRO. Sono passate più di due ore dall’invio e non c’è ancora stata nessuna visualizzazione. Avrà sbirciato nell’anteprima e in questo momento starà contattando il garante per la privacy. Anzi, con la fortuna che mi ritrovo, sarà lui stesso il garante della privacy. Lo sapevo, adesso verranno a prendermi i carabinieri, stile Pinocchio. Altro che “la vita, la bicicletta e non fermarsi per non cadere ecc”. In carcere avrò ben un’ora d’aria per passeggiare col libro in mano e leggere le prigioni di Pellico. Tra un’ora ho lezione di yoga e dopo forse mi butto dal balcone.
Non so bene il perché io mi sia iscritta a questo corso di yoga. La mia amica Serena dice che da quando lo pratica, tutto le riesce più facile. Realizzo che a me forse da adesso riescono più semplici le figuracce. Dopo la tortura delle posizioni del bambino, del cane e del piccione, penso di aver interpretato per bene un’intera fiaba di Andersen.
Durante la lezione Serena era tutta concentrata, sembrava stesse ritualizzando se stessa. Vorrei riuscire ad approcciare anch’io le cose in maniera totale. Invece mi riservo sempre una via di fuga, quasi a temere la catastrofe. In realtà le tragedie migliori le apparecchio quando sono consapevole e razionale.
Nello spogliatoio chiacchieriamo. Non le dico nulla di come mi sono incasinata da sola oggi pomeriggio. È lei però, a stupire me:
– Non mollare, mi raccomando!
Come può essere, mi ha letto nel pensiero? Anche questi sono gli effetti dello yoga ben praticato?
– Scusami?- sbrodolo incredula.
– Lo yoga. All’inizio è complicato, ma poi è come andare in bicicletta!
Ok, adesso ne ho abbastanza.
– Va bene, va bene ho capito, non mollo, non ti preoccupare!
– Caspita, ma ti sei arrabbiata?
– No, non vedi che continuo a pedalare? Sono qui, no? Senti piuttosto…
– Sei strana oggi… Dimmi.
– Quando si può parlare di molestie? Nel senso di tormentare una persona?
– Oddio, chi ti maltratta? Andiamo subito alla polizia!
– Ok, lascia perdere! Ci vediamo martedì!
Immagino che la polizia verrà da me senza che io la chiami. Infilo rapidamente la seconda scarpa e agguanto il cellulare dalla borsa.
Serena mi legge la fretta negli occhi e rincalza d’urgenza:
– Ti telefono dopo!
Tre messaggi su WhatsApp. Uno è di Giacomo. Volo via verso la curiosità di quella notifica che aspetta solo me.
Scendo in strada, mi rifugio accanto alla vetrina di un negozio di animali, con le calopsiti che mi guardano di traverso. Tocco lo schermo del telefono nei chakra giusti.
– Donna coraggio. E non ho altro da aggiungere 😉
Sollievo! Non è indignato.
– Dici? Forse era meglio se mi facevo i fatti miei. O no?
– Da quello che ricordo, Lolita non era proprio una santa, e nemmeno il suo amico professore. Trovarmi tra quelle pagine poteva non essere un’ottima presentazione. Eppure.
– Sarebbe un complimento?
– Lo è, in effetti.
Da quel giorno, è cambiato qualcosa. Giacomo è diventato come la stracciatella. La cioccolata croccante che all’improvviso dà gusto alla tua giornata.
Images: Pixabay
Lo sai che non è male l’idea di lasciare il proprio numero tra le pagine di un libro? Se non altro hai la certezza di avere gli stessi gusti letterari con l’altra persona….ed è già qualcosa 🙂
…e chissà se l’ha lasciato apposta quel numero o c’è di mezzo il destino??? Lo vedremo! 😀
Fantastica! E penso anche che le calopsiti abbiano portato fortuna! Ahahah
Ahahahahahaha vero, sono dei pappagallini strepitosi e molto espressivi 😀