Io sono l’ultimo battito del tuo cuore.
Quell’ultimo rintocco di vita, che ha tolto le batterie a tutti i tuoi orologi. E anche a te. Io sono solo un battito di cuore, ma prima di me e come me, milioni di TU-TUM! tra i tuoi polmoni.
Ricordo il primo tuffo amniotico che diede il via alle danze di questo ritmo binario! Nessuno ne sapeva nulla, eppure tu ed io eravamo già parte di questo mondo.
Poi la prima immersione negli occhi della mamma. Nasino contro naso. Stesso ritmo nel petto. Profumo di lenzuola, latte e sogni. TU-TUM! TU-TUM!
Ti ricordi quella volta, nella piazzetta del paese, l’offesa ai tuoi genitori? Il tono di voce che si alza, il cuore che chiede di fare gli straordinari ai ventricoli. E all’improvviso parte la sberla. Polvere e scarpe che piantano la rabbia nella terra rossa davanti alle future macerie della “Casa del popolo”. Memorabile.
Come tutte le bambine, avevi un sogno. Avresti voluto fare la maestra e sicuramente saresti stata brava. Devota. Attenta. Ma quel mercoledì, non eri riuscita a studiare la lezione. Troppe ore in campagna, a farsi bruciare le guance dal sole. A pascolare le bestie. E poi a calciare sassi, a volte troppo grandi, a volte troppo piccoli. Secchi pieni d’acqua e la legna che sta giù nella stalla. TU-TUM… TU-TUM che fatica. La sera la casa di pietra veniva rimboccata dalle stelle con le coperte blu. E il giorno dopo, tutto daccapo.
Quand’è che vi siete incontrati la prima volta? È stato durante quel matrimonio? Lui aveva i capelli tirati indietro e una cintura elegante. Siete usciti dalla chiesa ma fuori dal cancello la guerra già vi aspettava.
Come è riuscito a baciarti prima di partire per il fronte? Sarà accaduto mentre piangevi perché gli chiedevi di non morire. Non avevi la forza di voltarti dall’altra parte. Così negli anni Quaranta hai imparato a pregare. E quando lui è tornato con quindici chili di meno, sapevi che non avresti più smesso.
L’emozione di avere tre figli. Tanti viaggi tra Trieste e l’Istria, per vedere i tuoi nipotini italiani. Italiani, come ti sentivi tu, anche se la bandiera e la lingua sui quotidiani erano ormai cambiate per sempre.
Ecco, in un giorno di aprile proprio del tuo cuore io sono stato l’ultimo battito. Tu non lo sapevi, ma oramai mi aspettavi. Perché sentivi che volevi andare, proprio lì dove eri attesa da tuo marito. Lui, che se n’era andato prima di te, con lo sguardo di addio imprigionato nel lenzuolo dell’ospedale.
E in questo ultimo battito c’è tutta la tua splendida vita. Fatta di fatiche e di balli di paese. Di berretti color fuxia. Di ricami e di pasta fatta a mano. Di vecchie scale che scricchiolano e di camere da letto fredde. Perché per chi non ha mai avuto il riscaldamento, la stufa non è poi così indispensabile.
Eccomi, sono arrivato, tocca a me. Non voglio rimandare, perchè in fondo, lo vogliamo tutti e due.
Ti voglio bene nonna. TU-TUM.
Images: Pixabay e papà
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