Trent’anni dopo

5 Feb 2017 | Mena-boh

Da pochi giorni ho compiuto gli anni.

Nel tempo, ho capito che il compleanno è un giorno scritto in carattere comics nel nostro calendario esistenziale. Formattato in grassetto, tutti lo teniamo ben presente nella nostra mente. Da lì non si scappa: devi passarci per forza e -udite udite- non incassi nemmeno la gratifica. La data del compleanno è dunque un numero scolpito dagli ingenui entusiasmi infantili e levigato dal desiderio di riscatto dell’adolescenza. Ma dopo i trent’anni, rievoca solamente lo stillicidio delle gocce di paracetamolo che si schiantano nel bicchiere: perché l’emicrania quando arriva, si accampa per le ferie.

Comunque. Fresca di panna montata e candeline, oggi vorrei provare ad azzardare una proiezione ardita, immaginandomi in là nel tempo, cioè tra 30 anni: quando, se Dio lo vorrà, ne avrò 68.

Innanzi tutto se questo blog esisterà ancora potrebbe chiamarsi “NONNAstante me” e forse sarebbe pure una bella trovata. Già, ma per essere nonna, dovrei avere dei nipotini. Miei o acquisiti. Attualmente dunque “l’effetto nonna” è un’equazione in cui manca il valore di un’incognita che mi permetterebbe di ottenere il risultato giusto. Quello che di solito, anche se mi applico, non mi riesce comunque. Manco oggi. A ogni modo, mi piacerebbe essere una autoironica vecchietta che nelle giornate d’inverno indossa quei trench che spifferano eleganza da contea inglese con cani sciolti. Della serie: “I’m a lady, but not a saint” (sono una signora, ma non sono una santa). Vorrei frequentare quegli sfiziosi circoli pomeridiani per anziani: tombole di chiacchiere canute in stanze rivestite di perline di faggio. Lì, dove la domenica si gioca ai giochi di società e si fanno balli caraibici nel grande salone. Osso sacro e anche sbilenche permettendo, nella mia testa mi sentirei la regina della bachata. Sarebbe bello essere invitata con garbo ed ironia da quei signori gagliardi, rari esemplari di giovanotti di fine secolo. Lo sapevo, sono rimasta all’antica pure nel futuro.

In un assoluto sovvertimento generazionale e di genere, non sarei una brava cuoca. Lo so. Preparerei i miei soliti cavalli di battaglia per le persone a cui voglio bene, con qualche variante salutista, ma nulla di più. La mia casa però, sarebbe un drappeggio allegro di amici di vecchia e nuova data. Le risate e l’avvenire dei figli, il nostro miglior contorno delle dieci della sera. Leggerei i libri del professor D’Avenia: spero che almeno lui per allora sia andato in pensione. A supporto di queste letture, gli occhiali dalla montatura blu. Sempre gli stessi. E poi quelli neri, per l’astigmatismo.

Mi scriverei lunghe lettere per consolare la me stessa del periodo “tante domande”. Per allora avrò trovato tutte le soluzioni, ma ovviamente saranno cambiati i miei problemi. Camminerei nella fredda luce della montagna. Ed in ogni ruga del mio sorriso, rivedrei i sassosi sentieri della mia vita. Guarderei le vecchie foto dalle cartelle degli hard disk. Spero che per allora il doppio clic sia stato sorpassato perché secondo me le mie dita non saranno più così sinuose.

Farei delle telefonate brevi, per bere con le amiche dei caffè lunghi. E quante cose saprò in più della vita. Degli altri. Di me. Quello che oggi so, è che se avrò la possibilità di diventare anziana, la cosa che quel giorno più mi darà vita, sarà amare ciò che è stato il mio passato. E per farlo al meglio, ho capito che devo rivendicare il mio OGGI. È una sorta di obiettivo retroattivo, che molte volte sottostimiamo e rischiamo di comprendere quando oramai non abbiamo più margini di rimedio. Perché se è vero che c’è un’età per ogni cosa, c’è anche un istante per ogni ricordo. Ed io oramai conosco i miei istanti.

So che ad ogni inizio di aprile dichiarerò il mio amore alla primavera, con gli occhi chiusi rivolti al sole. So che spesso avrò un tovagliolo di carta appoggiato sulle ginocchia e da lì mangerò uno spicchio di frutta. E so anche che sarà sempre bello, immergere per la prima volta il piede nel risveglio del mare di inizio estate. Oggi, come domani, questa sarò sempre e ancora io; e gli anni che passeranno, saranno il mio bottino di vita. Dunque, sarò ladra, delinquente, criminale. Ma dopotutto, non sto solamente rubando a me stessa?

Immagine: Pixabay

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