Lo vidi qualche mese fa, ma dopo aver letto il libro di Simona Atzori – la ballerina senza braccia – è ritornato nei miei pensieri. Quel giorno stavo facendo la spesa ed ero mentalmente intrappolata nella corsia del pane e dei grissini. Lui era lì, forse incastrato come me in una decisione esistenziale sulla scelta dei crackers o del pan carrè. La sua bellezza era innegabile: alto, capelli corti, rasati, un viso sereno e raffinato e un fisico da sportivo non fanatico. Insomma, il classico uomo che sa di aver vinto alla lotteria genetica e che non ha mai avuto problemi di salivazione azzerata quando si è rivolto ad una donna. Ammetto che lo guardai un po’ più a lungo di quanto si convenga ad una ragazza per bene e fu proprio quando indugiai sui suoi piedi che il mio sguardo per un attimo si arenò: dal ginocchio in giù portava una protesi. L’immagine seducente che di lui avevo avuto fino ad un attimo prima si completò naturalmente nella perfezione di una sicurezza di posizione, nell’approccio sicuro al mondo e all’indifferenza verso gli sguardi degli sconosciuti. Ero colpita, senza riserve. Una mancanza non aveva reso quest’uomo diverso, ma forse ancora più attraente per la dignità con cui affrontava la vita anche nella banalità di una ordinaria spesa al supermercato.
Gli uomini sono straordinari non quando fanno cose eccezionali, ma quando nella difficoltà ritornano a fare le cose di ogni giorno, come se nel frattempo non fosse accaduto nulla.
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