Te lo ripetono dalla terza superiore e alla fine ti hanno convinto.
Ti hanno detto che tra giugno e luglio 2018 diventerai grande. Maturo, per la precisione. Di anni ne hai 18 o 19. E se ne hai già 20, quel due alla decina già un po’ ti rompe le palle. Benvenuto nel mondo delle paranoie degli adulti!
Insomma, la scuola che hai iniziato quando la caduta dei dentini te li rimborsava ancora la fatina o il topolino (a seconda dei turni scanditi dai sindacati) sta per dirti “Addio”. Sì, perché anche se andrai all’università, non sarà mai più come la vera SCUOLA. Quella fatta di campanelle allegre e diaboliche allo stesso tempo. Di penne cadute a terra con intenzioni delinquenti. Di gite scolastiche nel pullman, a cercare uno spiraglio tra i sedili per vedere il profilo di lui che sorride. Anche se non a te.
Quindi, ecco la Maturità che ti prende per la collottola. E mentre scettica ti osserva, ti scuote a destra e a sinistra per vedere se la tua testa fa qualche rumore. Chissà poi cosa cerca là dentro. Forse non lo sa nemmeno lei, ma una dozzina di professori a Roma ispirati da Calliope e armati di calamaio, le hanno detto di fare così.
E pensare che io, che ho quasi quarant’anni, della Maturità ricordo chiaramente il viaggio in autobus per andare a sostenere l’esame orale. In effetti è strano, ma di tutta quella fiera di dizionari stropicciati e di gambe nervose sotto i banchi, io ho trattenuto sopra ogni cosa il viaggio sull’autobus numero 22. Un viaggio ordinario che mi portava a fare una cosa straordinaria. Un esame unico nel suo genere, non riuscì a vincere l’impatto della normalità di un biglietto timbrato in una mattina di luglio. Pensai infatti che quello era l’autobus che avevo preso (e perso) per anni per andare a scuola ed era probabilmente la prima avvisaglia del fatto che stavo diventando nostalgica come sono oggi.
Ricordo in particolare che lì sopra incontrai una mia amica. Aveva un anno meno di me e quindi era in piena goduria da vacanza. La sua abbronzatura leggera e le sue movenze allegre stridevano con il mio pallore foscoliano e le mie braccia rigidamente avvinghiate ad angolo acuto ai sostegni del bus. Allora, in un automatismo di educazione anni ’90, mollai la presa e la salutai con un cenno discreto della mano. Avevo la calma di una caffetteria che stava per fischiare. Invece il caffè tornò giù, da dove era venuto.
– Ciao come stai? Dove vai di bello?
Presi la rincorsa con la pancia, come quando sull’altalena con gli addominali indirizzi l’andata e il ritorno.
– Ciao! Sto andando a fare l’esame orale di maturità.
Ecco, il suo immediato sguardo spalancato mi fece capire che ero sì giovane, ma già un po’ vecchia. Sembrava le stessi dicendo che stavo andando a sposarmi da sola.
In bus.
Dopo aver regolarmente obliterato.
Ammirò la mia calma – in verità poco apparente e piuttosto reale – ed io ammetto che oggi, tutto sommato, mi sento di fare lo stesso.
Ma tutta questa storiella cosa significa?
Che la Maturità non è matura quanto la vita che avete già vissuto per arrivare al giorno degli scritti. Che essere maturi vuol dire sopravvivere non all’esposizione di una tesina sulla Rivoluzione Industriale, ma resistere alla normalità che a volte porta con sè le domande più crudeli. Per ricordarvi che non è fondamentale che a 18 anni sappiate argomentare perfettamente sul divario tra Nord e Sud. È molto più importante invece sapere che avete già vissuto sulla vostra pelle il divario tra la vostra testa e il vostro cuore. Sì, d’accordo, quest’anno ricorre l’anniversario della morte/nascita di un futtio di gente: Ungaretti, Leopardi, Mandela. Persino la Costituzione Italiana e Google spengono candeline importanti. E potrebbero essere tracce su cui scrivere il tema più ganzo della scuola. Ma gli anniversari davvero significativi di cui dovrete tenere memoria sono quelli che vi hanno insegnato che siete esseri umani. E lo siete stati quando avete rinunciato ad andare a ballare quella sera perché il vostro migliore amico era distrutto per la separazione dei suoi genitori. Perchè lui se lo ricorderà fino quando avrà ottant’anni e voi in futuro vi ricorderete forse solo un paio delle innumerevoli serate trascorse in discoteca. Siete stati esseri umani quando avete avuto l’enorme coraggio di dichiarare il vostro amore e siete stati respinti, magari con un sorriso nemmeno troppo imbarazzato. Quando avete fatto una figura barbina dichiarando a tutta la classe a chi avreste dato il vostro primo voto alle elezioni e siete rimasti delusi dopo una settimana di consultazioni. Siete stati esseri umani quando avete condiviso con gli altri sorrisi e lacrime.
Ricordatevi che su questa Terra siete importanti per qualcuno, e questo vale più di un voto esposto dentro una bacheca ammuffita. Domanda jolly della commissione: quando eravate bambini qualcuno vi ha dato la mano quando avevate paura e ve l’ha lasciata quando volevate avere coraggio? Ecco, quelle stesse persone sanno già che nella vita ce la farete comunque. Anche con un 62 e lo sguardo stitico di un commissario esterno, che alterna domande sugli antineutrini ad oziose fantasie vacanziere sul lungomare di Cesenatico.
Se provate ad immaginare la vostra vita fin qui vissuta come una di quelle lavagnette bianche a buchetti in cui infilavamo i chiodini all’asilo, l’esame di Maturità non vale più di un chiodino. È marginale. Non lo guarda davvero nessuno. E tra vent’anni sarete voi i primi a non notarlo. È davvero tutto il resto che fa la differenza, è il senso globale di ciò che avrete creato ad avere un rilievo: la scelta del disegno, l’abbinamento dei colori, la disposizione dei chiodini. E anche quali chiodini, ad un certo punto togliere. O aggiungere.
Potrei quindi augurarvi un “in bocca al lupo”, ma non ritengo sia necessario. Perché sono sicura che voi maturandi sapete già un sacco di cose.
Essere Umani significa essere Maturi. Il guaio è che in Italia, non hanno ancora inventato un esame che valga così tanto.
Images: Pixabay
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