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A volte mi sono chiesta che fine facciano i messaggi mai inviati. Quelli che abbiamo scritto d’istinto, con la vita nelle dita, senza punti né virgole ma pieni zeppi di ciò che siamo veramente.
Quante volte ci siamo ritrovati a scrivere frasi che nessuno ha mai letto, se non noi? I messaggi cancellati prima di essere inviati sono come le vecchie foto mai sviluppate perché sul rullino non sono rimaste ben impresse. A chi servono a quel punto?
C’è forse un limbo telematico dove finisce tutta questa roba? Oppure finisce semplicemente dentro di noi, in qualche parte del corpo che ci fa sempre male e non sappiamo spiegare il perché.
Io di messaggi mai inviati/cancellati subito dopo averli concepiti, ne ho un futtìo. Sono secondo dan di testi inesistenti, di pensieri mancati, di dita che digitano senza uno scopo. Eccone alcuni:
“Ti voglio bene, ma ne voglio di più a me stessa”.
“Adesso che hai scelto lei, possiamo anche smetterla di fingere di essere amici”.
“Non sopporto la tua cultura del lamento”.
Al loro posto hanno trovato una collocazione più socialmente accettabile questi scritti/inviati:
“Ti auguro il meglio”.
“Vi auguro il meglio”
“Ti auguro di trovare il modo di stare meglio”.
Lo so, sono monotona. Ma ogni domanda su WhatsApp presuppone una risposta, altrimenti diventi il classico bastardo che visualizza e ti abbandona nel tuo stesso silenzio.
Ma alla fine diventi un bastardo comunque, perché quel trattamento lo riservi a te stesso.
Image: Pexel
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