Alla fine senza te ci sto bene.
La sera non aspetto più il tuo messaggio con scritto “Arrivo” per sapere quando iniziare a tirare fuori la roba dal frigorifero.
Il letto lo faccio velocemente: prima il lenzuolo, poi il copriletto. Il tuo lato rimane sempre muto e dritto.
Ieri ho riordinato il ripostiglio. Non lo facevo da quando ci siamo trasferiti qui. Dietro la scatola vuota dell’asciugacapelli ho trovato quel guanto da bici che tanto cercavi.
Ah, il capo mi ha detto che mi darà le ferie l’ultima settimana di luglio. Quella che a te creava problemi con quel fornitore. Abbiamo provato a farle coincidere in tutti i modi, e poi abbiamo litigato a letto; a un certo punto eravamo stretti nell’angolo e abbiamo capito che non ne saremmo usciti in tempo per il bacio della buonanotte. Allora mi hai detto che non t’importava più, perché tanto in vacanza non sarebbe cambiato nulla. Ho annuito con rabbia e mi sono confinata nel mio rettangolo di materasso. Quella sera sei rimasto in salotto. Vedevo le luci della tv riflesse nel vetro della nostra foto scattata all’isola d’Elba. Sei venuto a dormire tardi, erano quasi le due. Mentre fissavo la camminata seria della lancetta della sveglia, mi sono sentita come quando da bambina facevo le gare di corsa a scuola e rimanevo indietro da subito.
Ora sono le quattro del pomeriggio di una domenica di febbraio e sono ancora in pigiama. Accanto a me due libri che da tempo volevo iniziare a leggere. Su Youtube ho messo quella canzone di Francesco Renga che tanto ti piace. Ora che la ascolto da sola, non mi dispiace nemmeno così tanto. Il sound è buono. Ma la interrompo comunque prima della fine.
Immagine: Pixabay
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