Si erano conosciuti al mercato, tra i bancali di legno carichi di clementine e gli spicci nelle tasche. Nessuno aveva mai detto loro di dover essere da subito sinceri con gli sconosciuti, perciò quando si trovarono fianco a fianco di fronte alla bancarella per essere serviti, si guardarono aspettando l’uno la mossa dell’altra.
Alice era una giovane donna con le punte dei capelli indecise su quale direzione prendere nella vita. Un po’ come lei e i suoi ultimi anni. Indossava maglioncini con le maniche lunghe che le nascondevano i polsi e un sorriso che – in alcune occasioni speciali- regalava agli altri. Giorgio era un tipo alto e ben rasato, con un gran senso pratico e una camicia che aveva incontrato il tocco di un ferro da stiro maldestro.
Furono la fruttivendola – donna fiorita sulla cinquantina – e la sua abbondante scollatura a metter fine all’attesa di tutti, rivolgendo lo sguardo e le sue intenzioni economiche verso Giorgio.
– È il turno della signorina, io sono arrivato dopo.
– Grazie, ma credo che ci siamo avvicinati assieme. Non potrei dire con certezza di essere arrivata per prima – replicò Alice.
Rimbalzo di sguardi.
– Quand’è così, le cedo comunque il posto – svirgolò Giorgio – non sono il tipo da rovinare un’occasione così per un tempismo sbagliato.
La sfrontatezza di quel tipo la spiazzò e nel contempo la lusingò. Nessuno era mai stato così esplicito con lei in una situazione del tutto fuori contesto. Quindi un po’ perché aveva dei bei lineamenti, un po’ perché faceva molto “film romantico”, accettò l’invito di quell’uomo a bere un the. Mentre mescolava lo zucchero nella tazza fumante, Giorgio cercò -attraverso alcune frasi ad effetto- di farle intendere di essere un uomo maturo. Nelle settimane seguenti si sederono cinque o sei volte l’uno al fianco dell’altra, e la lunghezza delle loro passeggiate fu calibrata sui loro dialoghi. Giorgio scriveva messaggi al mattino e chiudeva la giornata con la punteggiatura a cuore.
Il primo bacio capitò davanti ad un negozio di fiori. Alice si era inginocchiata ad annusare un mughetto in un bel vaso blu e quando si rialzò, lui rimase in balia del profumo che non aveva sentito, ma che aveva percepito attraverso lo stupore di lei. Allora la baciò anche se non era sicuro che fosse il momento giusto. Però proprio per questo, decise di farlo. Lei non si tirò indietro e da quel giorno considerò che di fatto qualcosa tra di loro era cambiato.
Si innamorarono. E doveva essere di certo amore, perché aveva portato con sè delicatezza, telefonate notturne e progetti per il weekend. Giorgio aveva un nuovo destino: impegnarsi al massimo per far felice Alice, che, dal canto suo, cercava di vivere l’amore apprezzandolo ogni giorno.
Passarono i mesi e arrivò la primavera. E la bella stagione portò la Pasqua. I genitori di Giorgio per la prima volta invitarono Alice al pranzo di famiglia e Giorgio ne fu entusiasta. Già la sola idea lo rallegrava e lo inorgogliva. Allora Alice preparò un dolce impastando assieme granella di zucchero e tutte le sue buone intenzioni. Voleva far fare bella figura al suo fidanzato, e nel contempo intendeva dare una buona prima impressione a tutta la famiglia.
Era un’occasione speciale, e si ripromise anche di sorridere di più.
Al terzo piano di una palazzina anni ’60, Alice conobbe la famiglia di Giorgio. Tra baci e strette di mano, le pietanze e i quarti d’ora si accavallarono. A fine pranzo, lei si offrì di aiutare a sparecchiare. La madre di Giorgio si oppose, ma la sua delicata insistenza la designò definitivamente quale donna degna della navata di una chiesa. Quindi a quel punto glielo lasciarono fare e lei lo fece. Portò in cucina i piatti lisci e nel corridoio si soffermò davanti alla foto di Giorgio e suo fratello Michele. Michele era il più piccolo dei due, ed erano entrambi seduti dentro la giostra di un luna park. Giorgio sorrideva, mentre Michele aveva il broncio. Ma era una smorfia piccola. Piccola come lui. Era lo stesso Michele che al pranzo non le aveva quasi rivolto la parola, ma solo un paio di sguardi approssimativi. Appoggiò allora i piatti nel lavello bagnato e respirò a fondo l’aria calda della cucina. Sapeva che si stava prendendo una piccola pausa dall’obbligo della conversazione. Prima di tornare nel soggiorno, decise di prolungare la sua assenza facendo tappa al bagno, anche se non ne aveva realmente bisogno. La porta a vetri illuminata suggeriva la presenza di qualcuno al suo interno, quindi aspettò. Appoggiò la schiena alla parete e interpose le mani tra il muro e le sue natiche. La sua postura faceva scricchiolare il parquet. Alice spostava di proposito il suo peso dal piede destro a quello sinistro. Era il gioco dell’attesa.
La porta si aprì. Era Michele che si mostrò tiepidamente sorpreso.
– Hai una macchia sulla camicetta. – Lo disse così, senza preamboli e senza broncio.
Alice si ritrovò inaspettatamente a dover sostenere un dialogo con quell’uomo. Non poté far altro che guardare la zona di stoffa incriminata.
– Dev’essere stato quando ho portato i piatti in cucina…
Intanto le voci provenienti dalla sala si fecero più forti e allegre.
– Credi che mio fratello se ne accorgerebbe? – e l’agganciò con gli occhi – Di quella macchia, intendo.
– Non lo so. Perché questa domanda?
Sembravano due terremotati che uscivano a manate lente dalle macerie.
– Perché non si accorge del fatto che sorridi poco.
Pausa.
– Non è così. Io sorrido poco di mio.
Silenzio.
– È troppo preso dal fatto di amarti e non presta la dovuta attenzione – abbassò lo sguardo incastrandolo nella camicetta di Alice – è sempre stato così. Non si accorge delle cose altrui.
Alice pensò che si stesse riferendo, senza troppi dettagli, a quella vecchia foto. A conti fatti quel Michele aveva quattro anni meno di lei e le stava dando lezioni d’amore nel corridoio.
Lo sguardo tornò occhi negli occhi.
– Non ti devi preoccupare di noi. Siamo felici. Anche senza i miei sorrisi.
– Davvero?
– Sì, davvero.
Il pavimento scricchiolò, sotto il peso di quelle parole.
– Quindi mi stai dicendo che l’estate è bella anche se piove sempre?
Non aggiunse altro e si impose di tornare quel fratello appena conosciuto – Prego, adesso è libero. E si spostò, per concederle la via verso il bagno.
Alice non riuscì a replicare. Né in quel momento, né quando si guardò nello specchio del lavandino. Allora prese un asciugamano, ne avvitò un angolo e lo inumidì. Ci strofinò sopra una goccia di sapone liquido e tentò di rimuovere quella conversazione dalla sua camicia.
Michele invece si diresse verso il salone e si riunì alla tavolata. Si versò del vino rosso nel bicchiere. Parlò con suo padre delle prossime elezioni. Giorgio lo appellò come “il solito disgraziato” e Michele sorrise – come sempre – guardando verso il basso.
Alice rientrò, scusandosi con i commensali per l’assenza prolungata. Aveva le mani ancora umide perché non le aveva asciugate bene. E aveva pure un alone scuro sulla camicetta, frutto di un vano tentativo di rimozione.
Giorgio le chiese se stesse bene. Con aria serena, Alice rassicurò il suo uomo:
– Sì, mi sono solo sporcata, ma ora è tutto a posto.
E mentre lo diceva, sorrise a Michele.
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Bello, bello, bello!
Le tue analogie sono davvero azzeccate e spingono a continuare a leggere.
Le ho trovate simpatiche e serie allo stesso tempo.
Brava. ?
Ciao Stefano, grazie mille! Sto cercando di fare del mio meglio, ma è soprattutto grazie ai pareri di tutti voi che trovo “i sentieri narrativi” giusti… Un abbraccio e segui il blog se ti va! 🙂 Virginia
Bello. .. ma ci sarà un seguito? Sono curiosa. .. ?
Ma lo sai che non ci ho pensato? 😀
Mi piace ..con tutto il cuore….:)
Ne sono felice!
È un racconto molto bello, che si legge tutto di un fiato. Grazie.
Ti ringrazio! 😀
Sempre bello leggere i tuoi racconti e mi dispiace quando finiscono e allora li rileggo nuovamente ?
Devo ammettere che questa volta in particolare, sono stata molto presa da questa storia! Sono contenta ti sia arrivata! <3