Era un mercoledì, come oggi, e io indossavo un vecchio paio di jeans, perché tanto non amo nessuno e nessuno ama me.
Non ero pronta a incontrarlo e l’ho capito in quel tipico sguardo che precede tutti gli altri sguardi. Quello che intuisce sulla linea dell’orizzonte un incidente a rallentatore. Il mio passo nelle AllStar, era di colpo diventato lo schianto di un treno che ne sarebbe uscito meglio solo se fosse deragliato.
Ma la verità è che noi avevamo vissuto una storia fatta di guance mordicchiate e piedi che si accarezzano sul bagnasciuga di Jesolo. E allora se il tuo ex ti riconosce sullo sfondo di una via, la tua strada tu non la cambi. Perché sarebbe comunque più disastroso di dichiarare di non avere il coraggio di mantenere il tuo itinerario. E allora via, avanti tutta, tu contro me, io contro te.
Dimmi, quand’è esattamente che siamo diventati nemici?
Ci siamo accomodati in un passo che di disinvolto aveva ben poco, se non la presunzione di fingerci i tipi coraggiosi che non siamo.
Allora quando stavo per dirti ciao (perché avevo deciso, meditato, pianificato di regalarti un saluto “salva-tutto”), ho maturato un pensiero prematuramente convalescente. Ho pensato che ti amavo ancora. O meglio, che mi stavo innamorando di nuovo di te. Ma non come quella volta al compleanno di Giulia. Quando mi hai detto che anche tu leggi gli e-book, ma compri anche la copia cartacea dei libri per far sì che la storia che hai letto entri nella tua vita per davvero. Quanto mi piacevi. E quanto mi piacevo mentre mi preparavo prima di incontrarti. Io che facevo le pose allegre davanti allo specchio per vedere se la mia allegria sarebbe potuta piacerti.
E mentre mi avvicinavo a te, ho pensato che nessuno dei due sapeva che quella di maggio sarebbe stata la nostra ultima volta a sgranocchiare biscotti seduti su quel mucchio di cuscini. O forse tu lo sapevi già?
Ed eccoci, uno di fronte all’altro, leggermente sfasati nelle traiettorie direzionali, in un puro atto di cortesia da adulti ormai estranei.
– Ciao… –. L’ho squillato forte, come un’ospite inaspettata che arriva da lontano. Ma ho notato subito che la mia voce era così debole.
– Ehilà! – hai replicato, con un sorriso.
Sono rimasta stranita. È questa dunque la tua scelta? Sono diventata quindi un “ehilà”? Un goliardico saluto da compare? E mentre lo pensavo i miei passi mi portavano oltre, al di là di noi, e del nostro punto di incontro visivo. Non mi era rimasto altro che quella parola. E mentre me la mettevo nella tasca senza troppa convinzione, pensavo a quanto debole sono. A come immagino che mi capitino le cose e poi non mi accadono. Così, me ne sono andata da noi, un’altra volta. Come quella volta a casa tua, quando ti è arrivato quel messaggio sul telefono proprio da parte di Giulia, mentre ci stavamo scattando una foto distesi sul pavimento.
Oggi mi è bastato qualche secondo per imbrogliarmi e immaginare di potermi innamorare e ricominciare tutto da capo. Per darci una nuova occasione, visto che la prima ci era sgocciolata via. Ma mi è bastato altrettanto per capire che l’amore non si inventa e nemmeno si immagina. Nemmeno se il destino ti offre un’occasione.
Perché due persone che si amano ancora, o che per lo meno vogliono riprovarci per davvero, l’occasione se la creano da sole. Senza aspettare di incontrarsi per caso un mercoledì pomeriggio.
Images: Pixabay
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