Oggi ti sposo.
Sono davanti alla chiesa e c’è qui mio padre, a cui sudano le mani anche se è gennaio. Gliele ho sentite prima, quando si è preso le mie mani nelle sue e mi ha detto che mi vuole bene. Ha aspettato 34 anni per dirmelo e il giorno delle nozze probabilmente per lui poteva essere un buon momento. Ho freddo e pure l’emozione mi si è congelata. Sarà il vestito, che ovviamente non ti riscalda a dovere perché nasce per essere solamente bianco e promettente. Oggi mi sono truccata da sola. Il rimmel è waterproof, ma io non sono una che piange, quindi mi bastava pure quello normale. Nei giorni scorsi mi sarò studiata una ventina di tutorial.
Siamo proprio scemi, sposarci in inverno. D’accordo è alternativo, borderline, economico. Ma che ricordo ne avremo?
Oggi ti sposo e l’aria sa di capodanno, come quando aspetti la mezzanotte e hai voglia di un “Duemila” diverso perché credi che se cambia un numero allora sarai diverso anche tu. Come saremo noi due dopo oggi?
Mi hai chiesto di sposarti tre mesi fa. Ero in corridoio, e stavo frugando nella borsetta per cercare un assorbente. L’ho trovato e l’ho tirato fuori con l’indice e il pollice. Quando mi sono girata tu eri in ginocchio sulle piastrelle sale e pepe e avevi l’espressione di chi ha scartato i regali di Natale di nascosto e sa già tutto. Siamo rimasti così, io con l’assorbente tra le dita e tu con un pacchettino nella mano.
“Vuoi fare cambio?!?”. È stato un gran momento.
Quella sera non abbiamo fatto l’amore perché io avevo le mie cose. Tu lo sapevi. Lo so che è una cosa stupida, ma proprio per questo la tua proposta mi è piaciuta ancora di più. Come sempre, non facevi mai nulla per avere qualcosa in cambio. Allora io ti ho dato il mio sì più grande.
La camminata di papà mi ha già portata sulla soglia del portone. Vedo i quattro gatti sparpagliati nelle bancate di questa chiesetta sulle rive di Trieste. Abbiamo invitato poche persone e molte di queste alla fine non sono venute perché erano influenzate. Qualcuno ci ha dato buca dicendo che aveva già prenotato la settimana bianca. Poco male, abbiamo organizzato tutto così in fretta. Siamo fatti così.
Eccoti lì, accanto al sacerdote. Da lontano sembri una linea scura sul fondale di un grande mosaico dai colori argentati. Hai il vestito scuro senza cravatta, perché nessuno può obbligarti a metterla, nemmeno il giorno delle tue nozze.
I tuoi occhi già da lontano mi fanno sentire bella. Sento addosso il fascino dell’ineluttabile. E allora il raso del mio vestito diventa superfluo. Come quella volta al mare, quando iniziò a piovere. Mentre tutti scappavano, noi ci siamo tuffati in acqua per sentirci braccati. Non avevamo più via di fuga, ed era così bello andare contro il mondo per sommergerci di baci salati.
Mi sono accorta solo adesso che la marcia nuziale sta per finire. In questa camminata a braccetto con papà, ho avuto troppi pensieri e mi sono persa quello che le donne sognano da quando sono bambine. Tipico mio.
Eppure adesso siamo qui, uno di fronte all’altro e papà si sta sedendo in prima fila. Mi piace come ti sta il colletto bianco della camicia. L’ultimo bottone aperto. Il viso pulito senza barba. Le linee scure dell’abito che delineano le tue spalle. Mi piaci. La tua mano mi accompagna negli ultimi metri davanti all’altare. È calma e ferma. Abbasso lo sguardo per non inciampare e noto che il pavimento è di marmo e anche lui vanta la fantasia sale e pepe. Sento profumo di incenso, come durante le messe di quando ero bambina. Sul fondo, una panca di legno scricchiola impertinente sotto il peso di qualcuno. Le tue labbra mi sorridono.
Lo so che ho messo il rimmel waterproof, anche se non sono una che piange. Eppure.
Images: Pixabay
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